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Un modello: S. Domenico Savio

Un ragazzo molto speciale

Nel piccolo paese di Murialdo (vicino a Chieri, Torino) era l'inverno 1847.
Il cappellano arrivando il mattino presto alla sua chiesetta per celebrare la messa trovava presso la porta un bambino di cinque anni, già lì con il suo papà ad attendere che venisse aperto. E mentre attendeva pregava inginocchiato sul gradino della Porta.
Suo papà era Carlo Savio, il maniscalco lui si chiamava Domenico.

Quell'anno il piccolo Domenico imparò a servire la Messa, e non mancava un giorno alla chiesa, anche se le strade erano piene di fango o di neve.
Faceva tenerezza vederlo così piccino da non arrivare quasi a prendere il messale dall'altare, eppure così raccolto e pieno di amore da sembrare un angioletto.
Il sabato santo 1849, a soli sette anni (un'età impensabile a quell'epoca), fu ammesso alla Prima Comunione. Quello fu per lui un giorno così felice che non sapeva più se stava in terra o in cielo.
Tornato a casa, con la sua grafia grande e ancora incerta, ma con la volontà di un campione, scrisse:
"Ricordi della mia Prima Comunione:
1) Mi confesserò molto sovente e farò la comunione tutte le volte che il confessore mi permetterà;
2) Voglio santificare i giorni festivi;
3) I miei amici saranno Gesù e Maria;
4) La morte, ma non i peccati".

Alla casa di Don Bosco

A 12 anni fu accompagnato all'oratorio di Don Bosco a Torino per studiare.
Don Bosco lo aveva incontrato alcuni mesi prima al proprio paese, i Becchi, quando Domenico, accompagnato dal padre, si era presentato per essere accettato presso di lui. Don Bosco fu così impressionato di quell'incontro che non lo dimenticò più.
Dopo un lungo colloquio a tu per tu, Domenico gli chiese:
"Ebbene, che gliene pare? Mi condurrà a Torino per studiare?".
Don Bosco rispose:
"Eh, mi pare che ci sia buona stoffa".
"E a che può servire questa stoffa?", riprese Domenico.
"A fare un bell'abito da regalare al Signore" fece eco il sacerdote.
"Allora io sono la stoffa e lei è il sarto".
A quel punto, Don Bosco gli domandò:
"Ma quando tu abbia terminato lo studio del latino, che cosa vuoi fare?".
Egli rispose:
"Se il Signore mi concederà tanta grazia, desidero ardentemente di diventare sacerdote".

Così Domenico arrivò all'oratorio e cominciò la vita di studente.
Il 24 giugno era l'onomastico di Don Bosco. Tutti vollero manifestargli il loro affetto, e Don Bosco, per ricambiare, disse:
"Ognuno scriva su un biglietto un regalo che desidera da me. Vi assicuro che farò il possibile per accontentare tutti". Le richieste furono le più stravaganti.
Domenico scrisse cinque parole: "Mi aiuti a farmi santo".
Don Bosco chiamò Domenico e gli disse:
"Ti voglio regalare la formula della santità.
Primo: allegria.
Secondo: i tuoi doveri ben fatti.
Terzo: far del bene agli altri".

Santo a 15 anni

Da quel giorno ci provò seriamente.
Nell'allegria e nel far bene i suoi doveri scolastici aveva poco da migliorare (era già tra i primi della classe). Ma nell'aiutare gli altri si poteva superare.
E ce la mise tutta. Se c'era un malato da assistere, un compagno che aveva bisogno di una spiegazione, una stanza da mettere in ordine, era sempre pronto. Arrivò a prestare i suoi guanti di lana a un piccolino che tremava dal freddo.
Un giorno gli venne un'idea grandiosa. C'erano altri ragazzi attorno a lui che si sforzavano di fare del bene agli altri, ma ognuno lavorava per conto suo. Perché non unirsi in una specie di "società segreta", e lavorare assieme?
Ne parlò con alcuni, e anche con Don Bosco. Il progetto gli piacque e sorse così "la Compagnia dell'Immacolata". Gli iscritti si impegnavano a far diventare buoni i loro amici, a tener compagnia a chi era triste o si sentiva solo, a diffondere gioia e serenità.
Fu il capolavoro di Domenico Savio, e durò nelle case di Don Bosco più di cento anni.
Domenico invece visse solo altri nove mesi. Nell'inverno del 1857 fu preso da una tosse ostinata. Tornò a casa per rimettersi in salute, ma morì quasi all'improvviso il 9 marzo.
Il papà, che gli era accanto in quel momento, raccontò che la Madonna venne a prenderselo e lui morì con un grande sorriso sul volto.
Il 12 giugno 1954 il Papa Pio XII lo dichiarò santo davanti a migliaia di giovani che riempivano piazza S. Pietro per festeggiare il primo santo come loro.
Un ragazzo in gamba, intelligente, amato da tutti; ma soprattutto un ragazzo che aveva scoperto due grandi amici: Gesù e Maria. Per questo è diventato il modello ideale del ministrante.